25 dicembre 2011

I 100 presepi

La mostra ha sede in Roma nelle Sale del Bramante addossate alle mura Aureliane, presso la Basilica di Santa Maria del Popolo.
La denominazione "100 PRESEPI" è solo un riferimento storico, in quanto indica il numero dei presepi esposti nella prima edizione.


I presepi, che si rinnovano completamente ogni anno e che provengono da quasi tutte le regioni italiane e da circa 25 paesi esteri, sono opere di artisti ed artigiani italiani e stranieri, collezionisti, amatori, studenti di scuole elementari e medie, rappresentanti di associazioni culturali e impegnate nel sociale, di Enti statali e locali e da musei nazionali ed esteri.

Le opere sono realizzate con materiali tra i più vari, dal corallo all'argento, alle porcellane, dal vetro al bronzo, dalla ceramica all'argilla, in ferro battuto, in legno, in cartapesta, in materiali di recupero. Ma talvolta i presepi sono prodotti anche con la cioccolata, il pane, le pannocchie, il mais, tappi o bottoni, gusci di frutti di mare, paste alimentari, candele d'auto, matite e così via.

Presepe di zucca
Le dimensioni variano dal formato in miniatura come la natività in bassorilievo riprodotta nel guscio di una nocciola, a quelle ad altezza d'uomo.
I presepi statici o in movimento hanno ambientazioni diverse: da quelle classiche del seicento e settecento napoletano e siciliano e dell'ottocento romano a quelle avveniristiche espresse con cristalli, ferro e luci colorate o fantasiose come motori d'auto, televisori, damigiane e altro.
I presepi e le figure presepiali d'epoca, provenienti da musei e da collezioni private, sono opere realizzate dai caposcuola e dagli artisti più rinomati vissuti nel passato, e provengono dalle regioni di più antica tradizione presepiale come la Campania, il Lazio, la Liguria, la Puglia, la Sicilia e dall'estero.

           
Buon Natale

20 dicembre 2011

Santa Maria Maggiore

La basilica di Santa Maria Maggiore, conosciuta anche come Santa Maria della neve o come Basilica liberiana (dal nome del tradizionale fondatore papa Liberio), è una delle quattro basiliche papali di Roma. Collocata sulla sommità del colle Esquilino, è la sola ad aver conservato la primitiva struttura paleocristiana, sia pure arricchita da successive aggiunte. Il suo nome completo è Papale Arcibasilica Patriarcale Maggiore Arcipretale di S. Maria Maggiore.



Fu fatta erigere da papa Sisto III tra il 432 e il 440 e da lui dedicata al culto della Madonna, il dogma della cui divina maternità era appena stato sancito dal Concilio di Efeso (431).

La costruzione avvenne su una chiesa precedente, che una diffusa tradizione vuole sia stata la Madonna stessa ad ispirare apparendo in sogno a papa Liberio e al patrizio Giovanni e suggerendo che il luogo adatto sarebbe stato indicato miracolosamente: così quando la mattina del 5 agosto un'insolita nevicata imbiancò l'Esquilino, papa Liberio avrebbe tracciato nella neve il perimetro della nuova basilica, costruita poi grazie al finanziamento di Giovanni. Di questo antico edificio rimane solo un passo del Liber Pontificalis che afferma che Liberio fecit basilicam nomini suo iuxta Macellum Liviae.
Ad ogni modo il 5 agosto di ogni anno, in ricordo della Madonna della Neve, avviene la rievocazione del cosiddetto "miracolo della nevicata": durante una suggestiva celebrazione viene fatta scendere cielo una nevicata "fuori stagione".



La basilica si presentava a tre navate, divise da 21 colonne di spoglio per lato, sormontate da capitelli ionici, sopra le quali corre un'architrave continua. La navata centrale era illuminata da 21 finestre per lato (la metà delle quali furono successivamente tamponate) ed era sormontata da una copertura lignea con capriate a vista.
La navata venne decorata sempre in età sistina da splendidi mosaici, entro pannelli posizionati fra le finestre, in origine racchiusi da edicolette, con un ciclo di storie del Vecchio Testamento: storie di Abramo, Giacobbe, Isacco sul lato sinistro, Mosè e Giosuè su quello destro. Degli originari 42 riquadri, molti dei quali presentavano due scene sovrapposte, ne restano 27 (12 sulla parete sinistra e 15 sulla destra) dopo le distruzioni dovute alle aperture laterali settecentesche.
Più ieratiche e ritmicamente dilatate sono le scene dei mosaici dell'arco trionfale, rappresentanti alcuni momenti dell'Infanzia di Cristo, alcune delle quali tratte da Vangeli Apocrifi (Annunciazione, Presentazione al Tempio, Adorazione dei Magi, Incontro con il governatore Afrodisio, Strage degli Innocenti, Re Magi presso Erode) 
Risalgono alla metà del XII secolo, al tempo di papa Eugenio III, il pavimento cosmatesco e un portico addossato alla facciata (poi distrutto nel Settecento per far posto alla nuovo frontespizio barocco del Fuga).

L'esterno dell'abside, rivolto verso Piazza dell'Esquilino, è opera di Carlo Rainaldi, che presentò a papa Clemente IX un progetto meno dispendioso di quello del contemporaneo Bernini che avrebbe fra l'altro comportato la distruzione dei mosaici dell'abside e sarebbe arrivata quasi all'altezza dell'obelisco retrostante.
La facciata principale, caratterizzata da un portico e da una loggia per le benedizioni, fu eseguita tra il 1741 e il 1743, durante il pontificato di Benedetto XIV, da Ferdinando Fuga.
In Santa Maria Maggiore è sepolto Gian Lorenzo Bernini, nella tomba di famiglia.

Fu il papa Niccolò IV che nel 1288 commissionò ad Arnolfo di Cambio una raffigurazione della "Natività", che egli terminò di scolpire in pietra nel 1291. La tradizione di questa rappresentazione sacra ha origini sin dal 432 quando papa Sisto III (432-440) creò nella primitiva Basilica una "grotta della Natività" simile a Betlemme. La basilica prese la denominazione di Santa Maria ad praesepem (dal latino: praesepium = mangiatoia). I numerosi pellegrini che tornavano a Roma dalla Terra Santa, portarono in dono preziosi frammenti del legno della Sacra Culla (cunabulum) oggi custoditi nella teca dorata della Confessione.



E' di ieri (19 dicembre 2011) la notizia che un romeno di 32 anni senza fissa dimora ha spaccato una parte della Porta Santa, giustificandosi semplicemente dicendo che voleva spaccare qualcosa....
Stiamo proprio al limite della follia!

12 dicembre 2011

Un gesto di mano

Nel centro commerciale di Parco Leonardo a Fiumicino, un solo pungo alla tempia per una sigaretta negata causa la morte di un ragazzo di 16 anni che, barcollando, è crollato a terra: il ragazzo è morto pochi minuti più tardi, sull'ambulanza che lo portava al pronto soccorso.
Una tragedia assurda, una giovane vita spezzata in un pomeriggio di shopping nello scenario surreale del Parco Leonardo, il più grande centro commerciale d'Italia inaugurato sei anni fa: 100.000 metri quadtrati, 210 negozi, ristoranti, salegiochi, bar e pub, punto di ritrovo abituale di centinaia di ragazzi della zona sud di Roma e dei paesi del litorale.

Simone, "Mimì", come lo chiamavano in famiglia, aveva pranzato a Fiumicino con la famiglia ed insieme alla sua comitiva, raggiunta nel pomeriggio, aveva raggiunto poi il centro commerciale sulla Portuenze. Poche ore dopo "Mimì" era morto. Arrestato dagli agenti del commissariato di zona, nella tarda serata, Cesare, figlio del titolare di uno stabilimento balneare, l'amico di sempre di Simone, il coetaneo che ha sferrato il pugno mortale. Davanti ai poliziotti, il sedicenne non ha mai smesso di piangere.

Sono stati gli agenti del commissariato di Fiumicino, che hanno ascoltato numerosi testimoni, a ricostruire la dinamica del dramma. Verso le 18, la comitiva è già sparpagliata tra le vetrina e le attrazioni del Parco Leonardo. Simone, Cesare e altri amici sono seduti a un tavolino, fuori dal multisala UGC, di fronte a un ristorante giapponese. Cesare chiede una sigaretta, Simone rifiuta, vola qualche parola grossa, lo scherzo iniziale si trasforma in un diverbio. All'improvviso, Cesare sferra un pugno che si schianta sulla tempia sinistra del sedicenne. Il ragazzo va a terra e non si rialza.

Tra la folla che continuava ad accalcarsi davanti alle vetrine sono spuntate le divise di due addetti alla sicurezza che hanno provato a rianimare il ragazzo che aveva la lingua girata - raccontano - ma dopo pochissimi minuti è intervenuto il personale sanitario di un'associazione di volontariato che fa servizio qui al Parco Leonardo. L'ambulanza è partita verso il poliambulatorio, a sirene spiegate ma i medici si sono trovati davanti a un cadavere.

Sul posto, gli agenti del vicequestore Patrizia Sposato hanno rintracciato gli amici della vittima tra cui Cesare che ha confessato immediatamente. Incredulo, distrutto, il ragazzo si è abbandonato a una straziante scena di disperazione. Dopo lunghe telefonate con la procura minorile, l'adolescente è stato arrestato per omicidio preterintenzionale e rinchiuso nel centro di prima accoglienza di via Virginia Agnelli.


Una vita spezzata per una sigaretta, una vita spezzata per un gesto che sempre di più sta prendendo piede tra i giovani: un pugno che anche se per gioco è pur sempre un gesto di mano e come tale ricorda come l'essere umano sia un animale, evoluto ma comunque un animale che spesso resta legato al proprio istinto innato. Un istinto che, a volte, causa danni irreparabili....
 

9 dicembre 2011

Insoddisfazione?

E' stato rivendicato dal gruppo anarchico Fai, Federazione Anarchica Informale, il pacco bomba esploso oggi all'Agenzia Equitalia. Un volantino è stato trovato all'interno del plico scoppiato in via Andrea Millevoi 10, a Roma, intorno alle ore 12.30. Sono in corso accertamenti della Digos rilievi della polizia scientifica.
Il plico, recapitato via posta, era indirizzato a Marco Cuccagna, 51 anni, direttore generale della stessa agenzia per la riscossione dei tributi che aprendolo è rimasto ferito alla mano. L’uomo, trasportato al Sant’Eugenio ha riportato lievi ferite alla mano ed al volto a causa dell'esplosione di una scrivania in vetro che era nel suo ufficio al secondo piano. Operato immediatamente, non ha riportato danni alla vista, ma la falange della mano è rotta. Una parte dell'edificio di Equitalia è stata evacuata.

Attentato con finalità di terrorismo è l'ipotesi di reato per la procura di Roma che ha aperto un fascicolo d'inchiesta. Il pacco ha il timbro postale di Milano e la rivendicazione della stessa organizzazione anarchica del plico esplosivo inviato giovedì al presidente della Deutsche Bank, Josef Ackermann. Lo scorso anno, proprio di questi tempi, la galassia anarco-insurrezionalista italiana era ritornata sulla scena con l'invio di una serie di pacchi bomba a numerose ambasciate e sedi diplomatiche della capitale.

Adesso nel mirino dell'organizzazione terroristica sembrano essere finiti personaggi ed istituti legati agli ambienti della finanza e dell'economia. E' IL SEGNALE DELL'INSODDISFAZIONE SOCIALE legata alla crisi di questi ultimi mesi? Insoddisfazione verso una crisi prodotta dai dirigenti che sta pesando sugli operai....

1 dicembre 2011

Via Nazionale

Via Nazionale è una via di Roma che da Piazza della Repubblica conduce verso Piazza Venezia, fermandosi a largo Magnanapoli. Nel suo percorso attraversa i rioni di Castro Pretorio e Monti.

Dopo il trasferimento da Firenze a Roma della capitale del Regno d'Italia, il collegamento tra la Stazione Termini ed il centro direzionale dell'epoca (via del Corso) fu tracciato seguendo il percorso del romano Vicus Longus, lungo la valle di San Vitale, attraverso una zona che era all'epoca pochissimo abitata, ed i cui terreni erano stati acquistati dal monsignor De Merode proprio nella previsione di questo utilizzo. L'urbanizzazione di questa zona fu quindi l'oggetto della prima convenzione urbanistica approvata a Roma dal nuovo Stato sabaudo. La prima parte dell'odierna via Nazionale, urbanizzata dal De Merode, si chiamò "Strada Nuova Pia".

Via Nazionale vista da piazza della Repubblica
Fin dalla progettazione iniziale, via Nazionale fu pensata come un'arteria molto ampia, necessaria per creare un collegamento veloce ed il più possibile rettilineo tra la stazione centrale della capitale ed il Tevere, oltre il quale si prevedeva, già dal 1873, l'urbanizzazione intensiva dei Prati di Castello. Questa intenzione fu messa in pratica nel 1886, con la deliberazione di un secondo ampio tracciato tra Piazza Venezia e il fiume, che divenne il Corso Vittorio Emanuele II.
Lungo la nuova strada furono edificati, negli ultimi tre decenni dell'800, grandi alberghi nella parte iniziale, la Chiesa di San Paolo dentro le Mura (1880, prima chiesa cristiana non cattolica costruita a Roma dopo l’unità d’Italia), immobili d'abitazione destinati alla nuova borghesia della capitale, e anche edifici a destinazione pubblica come il Palazzo delle Esposizioni (1883), il Teatro Eliseo (1900), Palazzo Koch - sede della Banca d'Italia (1892).

Alla fine dell'antica strada di San Vitale fu realizzato, all'inizio del Novecento (1902-1906), il traforo Umberto I, sotto la pendice orientale del Quirinale. L'opera, già prevista nel primo piano regolatore di Roma capitale del 1873, nel piano regolatore del 1909 doveva costituire l'ultimo tratto di una traversa (via Milano) che, tagliando via Nazionale all'altezza del Palazzo delle Esposizioni, fornisse un collegamento diretto tra il Laterano ed il Parlamento (attraverso via del Tritone).


30 novembre 2011

Palazzo delle Esposizioni

Il Palazzo delle Esposizioni è un edificio di stile neoclassico, sito in Roma, in Via Nazionale. Progettato da Pio Piacentini, fu inaugurato nel 1883. Da allora è stato sede di numerose manifestazioni e mostre d'arte.
Durante l'epoca fascista la sua facciata in occasione di alcune mostre (Mostra della Rivoluzione Fascista, Mostra Augustea della Romanità) fu temporaneamente modificata perché il suo stile fu considerato non al passo con i tempi.
Dal 1927 al 2004 è stato la sede degli uffici e delle mostre della Quadriennale di Roma e rimane la sede privilegiata delle mostre della Quadriennale d'Arte.
Il Palazzo è dotato di una Sala Cinema da 139 posti, di un Auditorium di 90 posti e del Forum (sala polifunzionale), oltre a una caffetteria, un ristorante per 240 persone e una libreria.

Dopo cinque anni di lavori di restauro e riqualificazione funzionale dei suoi spazi, Palazzo delle Esposizioni, in sintonia con quanto accade nelle maggiori capitali europee, è uno spazio  di cultura e suggestioni, capace di proporre ai visitatori progetti qualitativamente elevati, standard tecnologici di eccellenza e politiche di accoglienza degli ospiti attente e moderne.

14 novembre 2011

Il Quirinale: la "Salita al Colle"

Il Palazzo del Quirinale sorge sull'omonimo colle di Roma. È la residenza ufficiale del presidente della Repubblica Italiana ed uno dei simboli dello Stato italiano.
Costruito a partire dal 1583, è uno dei più importanti palazzi della capitale sia dal punto di vista artistico sia dal punto di vista politico: alla sua costruzione e decorazione lavorarono insigni maestri dell'arte italiana come Pietro da Cortona, Domenico Fontana, Ferdinando Fuga, Carlo Maderno, Giovanni Paolo Pannini e Guido Reni.


Sino al 1870 fu la residenza estiva del Romano Pontefice, per poi diventare palazzo reale dei Savoia. Con la proclamazione della Repubblica, avvenuta dopo il referendum istituzionale del 2 giugno 1946, l'edificio divenne definitivamente la sede del Capo dello Stato repubblicano.
L'attuale inquilino del Quirinale è Giorgio Napolitano, Presidente della Repubblica Italiana dal 15 maggio 2006.

In questi giorni c'è un via vai particolarmente inteso, nella "salita al Colle", da parte di politici più o meno influenti, per la formazione di un governo provvisiorio che possa portare la giusta stabilità al nostro Paese che oggi, più che mai, ne ha bisogno.

Ancora non sappiamo chi farà parte del Governo, ma viene da chiedere come faranno i signori politici, che fino a ieri hanno fatto i loro affari, a creare una struttura idonea a prendere le decisioni utili per l'intera comunità! Staremo a vedere....

6 ottobre 2011

Il Pantheon

Il Pantheon ("tempio di tutti gli dei") è un edificio di Roma antica, costruito come tempio dedicato alle divinità dell'Olimpo. Gli abitanti di Roma lo chiamano amichevolmente la Rotonna, o Ritonna ("la Rotonda"), da cui anche il nome della piazza antistante. Fu fatto ricostruire dall'imperatore Adriano tra il 118 e il 128 d.C., dopo che gli incendi del 80 e del 110 d.C. avevano danneggiato la costruzione precedente di età augustea.


All'inizio del VII secolo il Pantheon è stato convertito in basilica cristiana, chiamata Santa Maria ad Martyres, il che gli ha consentito di sopravvivere quasi integro alle spoliazioni apportate agli edifici della Roma classica dai papi.

Il primo Pantheon fu fatto costruire nel 27-25 a.C. da Marco Vipsanio Agrippa, amico e genero di Augusto, nel quadro della monumentalizzazione del Campo Marzio, affidandone la realizzazione a Lucio Cocceio Aucto.
L'iscrizione originale di dedica dell'edificio recita: M.AGRIPPA.L.F.COS.TERTIVM.FECIT ("Marco Agrippa, figlio di Lucio, console per la terza volta, edificò"); il terzo consolato di Agrippa risale appunto all'anno 27 a.C..
Dai resti rinvenuti a circa 2,50 metri sotto l'edificio alla fine del XIX secolo, si sa che questo primo tempio era di pianta rettangolare (metri 43,76x19,82) con cella disposta trasversalmente, più larga che lunga, costruito in blocchi di travertino rivestiti da lastre di marmo. L'edificio era rivolto verso sud, in senso opposto alla ricostruzione adrianea, preceduto da un pronao sul lato lungo che misurava in larghezza 21,26 metri. Davanti ad esso si trovava un'area scoperta circolare, una sorta di piazza che separava il tempio dalla basilica di Nettuno, recintata da un muretto in opera reticolata e con pavimento in lastre di travertino. Sopra queste lastre vennero poi posate altre in marmo, forse durante il restauro domizianeo.

L'edificio di Agrippa aveva comunque l'asse centrale che coincideva con quello dell'edificio più recente e la larghezza della cella era uguale al diametro interno della rotonda. Dalle fonti sappiamo che i capitelli erano realizzati in bronzo e che la decorazione comprendeva delle cariatidi e statue frontonali. Il tempio si affacciava su una piazza (ora occupata dalla rotonda adrianea) limitata sul lato opposto dalla basilica di Nettuno.
L'edificio fu decorato dall'artista neoattico Diogenes di Atene e distrutto dal fuoco nell'80; restaurato sotto Domiziano subì una seconda distruzione sotto Traiano.

L'edificio è costituito da un pronao collegato ad un'ampia cella rotonda per mezzo di una struttura rettangolare intermedia.


Il pronao, ottastilo (con otto colonne di granito grigio in facciata), misura m 34,20x15,62 m ed era innalzato di m 1,32 sul livello della piazza per cui vi si accedeva per mezzo di cinque gradini. L'altezza totale dell'ordine è di 14,15 m e i fusti hanno 1,48 m di diametro alla base.
Il frontone doveva essere decorato con figure in bronzo, fissate sul fondo con perni: dalla posizione dei fori rimasti si è ipotizzata la presenza di una grande aquila ad ali spiegate.

All'interno, due file di quattro colonne dividono lo spazio in tre navate: quella centrale più ampia conduce alla grande porta di accesso della cella, mentre le due laterali terminano su ampie nicchie che dovevano ospitare le statue di Augusto e di Agrippa qui trasferite dall'edificio augusteo.
I fusti delle colonne erano in granito grigio (otto in facciata) o rosso (otto, distribuite nelle due file retrostanti), provenienti dalle cave egiziane, ed anche i fusti dei porticati della piazza erano in granito grigio, sebbene di dimensioni inferiori. I capitelli corinzi, le basi e gli elementi della trabeazione erano in marmo bianco proveniente dalla Grecia. Il timpano (che non è calibrato secondo la proporzione canonica greca) è divenuto liscio per l'avvenuta perdita della decorazione bronzea, di cui però si vedono ancora i fori per i supporti che la sostenevano. Il tetto a doppio spiovente è sorretto da capriate lignee, sostenute da muri in blocchi con archi poggianti sopra le file di colonne interne.

Il pronao è pavimentato in lastre di marmi colorati che si dispongono secondo un disegno geometrico di cerchi e quadrati. Anche i lati del pronao sono rivestiti in marmo.
L'esterno della rotonda nasconde la cupola per un terzo, costruendo un corpo cilindrico che altro non è che la continuazione in verticale del tamburo. Tra cupola e muro esterno è così racchiusa un'ampia intercapedine dove sono state ricavate un doppio sistema di camere finestrate, organizzate su un corridoio anulare, che ha anche la funzione di alleggerire il peso delle volte.

Nicchia con la tomba del re Vittorio Emanuele III

Lo spazio interno della cella rotonda è costituito da un cilindro coperto da una semisfera. Il cilindro ha altezza uguale al raggio (21,72 m) e l'altezza totale dell'interno è uguale al diametro (43,44 m).
Al livello inferiore si aprono sei ampie nicchie distile (con due colonne sul fronte), a pianta alternativamente rettangolare (in realtà trapezoidale) e semicircolare, più la nicchia dell'ingresso e l'abside. Questo primo livello è inquadrato da un ordine architettonico con le colonne in corrispondenza dell'apertura delle nicchie e lesene nei tratti di parete intermedi, che sorreggono una trabeazione continua. Solo l'abside opposta all'ingresso è invece fiancheggiata da due colonne sporgenti dalla parete, con la trabeazione che gira all'interno come imposta del catino absidale a semicupola.




La cupola, del diametro di 43,44 m, è decorata all'interno da cinque ordini di ventotto cassettoni, di misura decrescente verso l'alto, tranne nell'ampia fascia liscia più vicina all'oculo centrale, di 8,92 m di diametro. L'oculo, che dà luce alla cupola, è circondato da una cornice di tegoloni fasciati in bronzo fissati alla cupola, che forse proseguiva internamente fino alla fila più alta di cassettoni. Una tradizione romana, vuole che nel Pantheon non penetri la pioggia per il cosiddetto "effetto camino": in realtà, è una leggenda legata al passato quando la miriade di candele che venivano accese nella chiesa, produceva una corrente d'aria calda che saliva verso l'alto e che incontrandosi con la pioggia la nebulizzava, annullando pertanto la percezione dell'entrata dell'acqua.
La realizzazione fu resa possibile grazie ad una serie di espedienti che contribuiscono all'alleggerimento della struttura, dall'utilizzo dei cassettoni, all'uso di materiali via via sempre più leggeri verso l'alto: nello strato più vicino al tamburo cilindrico abbiamo strati di calcestruzzo con scaglie di mattoni, salendo troviamo calcestruzzo con scaglie di tufo, mentre nella parte superiore, nei pressi dell'oculo troviamo calcestruzzo confezionato con inerti tradizionali, miscelati a lava vulcanica macinata.

1 ottobre 2011

Il Carcere Mamertino

Il Carcere Mamertino o Tulliano (il latino Carcer Tullianum) è il più antico carcere di Roma e si trova nel Foro Romano. Consisteva di due piani sovrapposti di grotte scavate alle pendici meridionali del Campidoglio a fianco delle Scale Gemonie, verso il Comitium. La più profonda risale all'età arcaica (VIII - VII secolo a.C.) ed era scavata nella cinta muraria di età regia che, all'interno delle Mura serviane, proteggeva il Campidoglio; la seconda, successiva e sovrapposta, è di età repubblicana.
Si trova al di sotto della chiesa di San Giuseppe dei Falegnami, del XVI secolo, in un'area del Foro dove, in età romana, si amministrava la giustizia.

Il Tullianum fu realizzato sotto Anco Marzio nel VII secolo a.C., anche se deve il suo nome ad altre tradizioni che lo collegano all'iniziativa di Servio Tullio o di Tullo Ostilio.
La cristianizzazione del complesso è databile attorno all'VIII secolo, periodo al quale rimontano le tracce di un affresco rinvenuto nel Tullianum, ed entrambi gli ambienti furono convertiti in cappelle. In questo stesso periodo il luogo cominciò ad essere chiamato Carcere Mamertino.

 
La facciata attuale, in blocchi bugnati di travertino, risale all'inizio dell'età imperiale ed ha una cornice (parzialmente originale) con i nomi incisi dei consoli Rufinio e Nerva. Questa facciata copre una più antica, costruita in blocchi di tufo di Grotta Oscura.
Da un'aperture forse fatta in epoca moderna, si entra in una stanza trapezioidale coperto da volta a botte, realizzata in opera quadrata con grossi blocchi di tufo di Monteverde e rosso dell'Aniene, per questo databile al II secolo a.C., quando tali cave erano in uso. L'ingresso originario doveva essere attraverso la porticina murata posta a livello più alto del piano di calpestio attuale, nella parete destra. Da questa porticina si accedeva anche alle Lautumiae, ambienti ricavati nelle antiche cave di tufo pure usati come prigione.

Un foro nel pavimento, oggi chiuso da grata, era l'unico accesso all'ambiente sottostante, oggi raggiungibile tramite una scala recente. La parte inferiore era detta Tullianum ed era quella più segreta e terribile: aveva forma circolare (tranne un segmento ad est) realizzato in opera quadrata con blocchi di peperino senza cemento. Le dimensioni della muratura hanno fatto pensare che originariamente dovesse trattarsi di una fontana monumentale costruita intorno ad una cisterna (tullus), dove l'acqua filtra naturalmente tutt'oggi. Qui venivano gettati e poi strangolati i prigionieri di Stato, alla fine della processione del trionfo dei vincitori romani: ciò accadde, tra gli altri, a Giugurta ed a Vercingetorige.

La testimonianza cristiana medioevale fece della cella più bassa, resa accessibile mediante una strettissima scala, e della fonte d'acqua il luogo in cui gli apostoli Pietro e Paolo, qui imprigionati, battezzavano i convertiti cristiani compagni di cella.
La tradizione risale al medioevo e permise la conservazione del carcere che fu trasformato in una chiesa (San Pietro in carcere) nel IV secolo per volere di papa Silvestro I e luogo di pellegrinaggio.




La leggenda vuole che san Pietro, scendendo nel Tullianum, cadde battendo il capo contro la parete lasciando in tal modo la propria impronta nella pietra (dal 1720 protetta da una grata). Rinchiusi nella segreta, assieme ad altri seguaci, i due apostoli fecero scaturire miracolosamente una polla d'acqua e riuscirono a convertire e battezzare i custodi delle carceri, Processo e Martiniano, martiri a loro volta. I due apostoli non furono in ogni caso uccisi nelle vicinanze perché san Pietro fu condotto sul colle Vaticano e san Paolo alle Acque Salvie (l'attuale Abbazia delle Tre Fontane).

30 settembre 2011

Basilica di Massenzio

La Basilica di Massenzio o, più propriamente, di Costantino, è l'ultima e la più grande basilica civile del centro monumentale di Roma, posta all'estremità nord-est su quella che anticamente era il colle della Velia e che raccordava il Palatino con l'Esquilino. Non fa parte del Foro Romano propriamente detto (pur rientrando oggi nell'area archeologica che lo comprende, estesa fino alle pendici della Velia), ma era nelle immediate adiacenze di esso.


La basilica fu inizialmente fatta costruire da Massenzio agli inizi del IV secolo e fu terminata e modificata da Costantino I in prossimità del tempio della Pace, già probabilmente in abbandono, e del tempio di Venere e Roma, la cui ricostruzione fece parte degli interventi massenziani. La sua funzione era prevalentemente di ospitare l'attività giudiziaria di pertinenza del prefetto urbano.

Gli scavi hanno dimostrato come in questo punto sorgesse anticamente un grande complesso utilitario dell'epoca domizianea, simmetricamente contrapposto ad uno analogo che sorgeva sull'altro lato della Sacra via summa. Una parte di questo edificio più antico era occupata dagli Horrea piperiana, i magazzini del pepe e delle spezie.

File:Dehio 6 Basilica of Maxentius Floor plan.jpg
Lo schema costruttivo del gigantesco edificio (100 x 65 metri), di cui resta oggi soltanto il lato nord, presentava una navata centrale più larga e più alta (di base 80 x 25 metri). Sulla navata centrale si aprivano, invece che le tradizionali navate minori, separate da quella centrale tramite file di colonne, tre nicchioni per lato, coperti da volta a botte con lacunari ottagonali ancora ben visibili nella parte superstite. Gli ambienti erano collegati tra loro da piccole aperture ad arco.

La navata centrale era coperta da tre enormi volte a crociera in opus caementicium, alte circa 35 m che poggiavano sui setti murari trasversali che separavano gli ambienti laterali e sulle colonne alte 14,5 m ciascuna addossate alla loro terminazione. Le colonne sono tutte scomparse: l'unica che ancora si conservava nel XVII secolo venne fatta collocare da Paolo V in piazza di Santa Maria Maggiore nel 1613, dove tutt'ora si trova.

Sul lato corto occidentale, alla testata della navata centrale si apriva un'abside preceduta da due colonne. Nell'abside venne collocata una statua colossale, acrolito costruito parte in marmo e parte in legname e bronzo dorato, alto 12 m. La statua raffigurava in origine lo stesso Massenzio e in seguito venne rilavorata con i tratti di Costantino. Alcune parti marmoree superstiti furono scoperte nel 1487 e sono ora nel cortile del palazzo dei Conservatori sul Campidoglio (Musei Capitolini). La sola testa misura 2,60 m e il piede 2 m (vedi post L'imperatore cristiano).
Ricostruzione della Basilica di Massenzio

All'abside occidentale si contrapponeva l'originario ingresso dell'edificio, sul lato corto orientale, preceduto da una scalinata. L'ingresso dava accesso ad un corridoio trasversale aperto sulla navata centrale mediante cinque aperture ad arco.
L'impianto originario subì in seguito alcune modifiche, tra cui l'apertura di un secondo ingresso sul lato meridionale, lungo la via Sacra, scoperto in scavi ottocenteschi. Questo secondo ingresso era costituito da un portico tetrastilo con fusti in porfido, al quale si accedeva con una scalinata, costruita per superare il dislivello tra la via e la Velia.
Il nicchione centrale del lato nord, opposto al nuovo ingresso fu arricchito nello stesso momento di una seconda abside sul fondo, forse destinata anche ad ovviare a problemi strutturali, coperta da una semicupola e con le pareti arricchite da nicchie destinate ad ospitare statue su due ordini. Le nicchie erano inquadrate da edicole costituite da piccole colonne poggianti su mensole sporgenti dalla parete. Sul fondo dell'abside era realizzato un podio in muratura destinato ad ospitare il tribunal dei giudici.

L'edificio era dotato anche di numerosi collegamenti verticali: all'interno della muratura all'angolo nord-occidentale era inserita una scala a chiocciola, di cui oggi restano cinque gradini; un'altra doveva trovarsi nell'opposto angolo sud-orientale.


Le gare di lotta delle Olimpiadi di Roma del 1960 si tennero presso la Basilica di Massenzio.

28 settembre 2011

La Lupa capitolina

La Lupa capitolina è una scultura di bronzo, custodita ai Musei Capitolini, a dimensioni approssimativamente naturali.
Secondo il mito, la vestale Rea Silvia fu violentata dal dio Marte e partorì due gemelli. Il nonno dei gemelli, Numitore, fu scacciato dal trono di Alba Longa dal fratello Amulio. Per evitare che i nipoti, diventati adulti, potessero rivendicare il trono usurpato, Amulio ordinò che fossero gettati nel Tevere in una cesta. Questa cesta si incagliò sul fiume alle pendici di un colle, dove i gemelli furono trovati da una lupa che si prese cura di loro finché non furono trovati dal pastore Faustolo.
L'antro della lupa era il leggendario lupercale presso il colle Palatino.



A parte qualche piccolo danno e lacuna prontamente restaurati, la statua della Lupa è integra. Il modellato è in linea di massima scarno e rigido, ma impreziosito da un decorativismo minuto, chiaro ed essenziale, soprattutto nel disegno del pelo, che è reso sul collo con un motivo calligrafico di ciocche "a fiamma", che prosegue nelle linee oltre la spalla e sulla sommità del dorso, fino alla coda.
L'animale è posto di profilo, con la testa girata verso lo spettatore di novanta gradi. Le fauci sono semiaperte a mostrare i denti aguzzi. Il corpo dell'animale è magro, mettendo in mostra tutto il costato. Le mammelle sul ventre sono ben evidenti. Anche le zampe presentano un aspetto asciutto e ruvido, e sono modellate in posizione di guardia.

Le prime notizie sicure su questa statua risalgono al X secolo, quando si trovava incatenata sulla facciata o all'interno del palazzo del Laterano ed era conservata con altri monumenti, come l'iscrizione bronzea della lex de imperio Vespasiani, che venivano esposti come cimeli per attestare la continuità tra Impero romano e papato, tra antichità e medioevo.

La statua fu poi ospitata fino al 1471 nella chiesa di San Teodoro, che si trova tra il Palatino ed il Campidoglio. In quell'anno fu donata da Sisto IV della Rovere al "popolo romano" e da allora si trova nei Musei Capitolini, nella Sala della Lupa.

27 settembre 2011

Fontane di Roma: Fontana delle Naiadi

Piazza della Repubblica, fino agli anni cinquanta piazza Esedra (come è ancora conosciuta localmente), è una piazza di Roma situata a pochi metri dalla Stazione Termini, di fronte alle Terme di Diocleziano. Dalla piazza parte una delle vie fondamentali della città, via Nazionale. L'antico nome della piazza trae origine dalla grande esedra delle terme romane, il cui perimetro è ricalcato dal colonnato semicircolare della piazza.



La Fontana delle Naiadi al centro della piazza è opera del palermitano Mario Rutelli, che ha scolpito il gruppo artistico nel 1901. Le naiadi rappresentate sono la Ninfa dei Laghi, riconoscibile dal cigno che tiene a sè, la Ninfa dei Fiumi, sdraiata su un mostro dei fiumi, la Ninfa degli Oceani, in sella su un cavallo simbolo del mare, e la Ninfa delle Acque Sotterranee, poggiata sopra un drago misterioso. Al centro si trova il gruppo del Glauco (1912), simboleggiante il dominio dell'uomo sulla forza naturale.

L'acqua proviene dalla fonte dell'acqua Marcia, fra le più famose di Roma; precedentemente infatti Pio IX aveva inaugurato qui nel 1870 la fontana dell'Acqua Pia.

22 settembre 2011

Ara Pacis

L'Ara Pacis Augustae è un altare (altare della pace augustea) dedicato da Augusto nel 9 a.C. alla Pace nell'età augustea, intesa come dea romana, e posto in una zona del Campo Marzio consacrata alla celebrazione delle vittorie, luogo emblematico perché posto ad un miglio (1.472 m) dal pomerium, limite della città dove il console di ritorno da una spedizione militare perdeva i poteri ad essa relativi (imperium militiae) e rientrava in possesso dei propri poteri civili (imperium domi). Questo monumento rappresenta una delle più significative testimonianze dell'arte augustea ed intende simboleggiare la pace e la prosperità raggiunte come risultato della Pax Romana.

L'Ara Pacis è costituita da un recinto quasi quadrato (m 11,65 x 10,62 x h 3.68), elevato su basso podio, nei lati corti del quale si aprivano due porte, larghe 3,60 metri, a cui si accedeva da una rampa di nove gradini; all'interno, sopra una gradinata, si ergeva l'altare vero e proprio. La superficie del recinto presenta una raffinata decorazione a rilievo, esterno ed interno. Nelle scene la profondità dello spazio è ottenuta mediante differenti spessori delle figure.

Quattro pilastri angolari corinzi, più altri quattro ai fianchi delle porte, sono decorati sull'esterno da motivi a candelabri e lisci all'interno. Essi sostengono l'architrave (interamente ricostruita, senza parti antiche) che, secondo le raffigurazioni monetarie, doveva essere coronata da acroteri (decorazione del forntone).


L'Ara Pacis è un monumento chiave nell'arte pubblica augustea, con motivi di origine diversa: l'arte greca classica (nei fregi delle processioni), l'arte ellenistica (nel fregio e nei pannelli), l'arte più strettamente "romana" (nel fregio dell'altare). L'aspetto era quindi eclettico e la realizzazione fu certamente opera di botteghe greche.

L'aspetto politico-propagandistico è notevole, come in molte opere dell'epoca, con i legami evidenti tra Augusto e la Pax, espressa come un rifiorire della terra sotto il dominio universale romano. Inoltre è esplicito il collegamento tra Enea, mitico progenitore della Gens Iulia, ed Augusto stesso, secondo quella propaganda di continuità storica che voleva inquadrare la presa di potere dell'imperatore come un provvidenziale ricollegamento tra la storia di Roma e la storia del mondo allora conosciuto. Non a caso Gaio e Lucio Cesari sono abbigliati come giovanetti troiani, così come è illuminante l'accostamento tra il trionfo di Roma e la Saturnia Tellus, l'età dell'oro.

L'esterno è decorato da un fregio figurato in alto e da elaborati girali d'acanto in basso; i due ordini sono separati da una fascia a meandro; queste fasce decorate si interrompono quando incontrano i pilastri per poi proseguire sugli altri lati.


Nella parte bassa si ha un'ornamentazione naturalistica di girali d'acanto e, tra essi, piccoli animali (per esempio lucertole e serpenti). I girali si dipartono in maniera simmetrica da un unico cespo che si trova al centro di ogni pannello. Si può notare un'eleganza ed una finezza d'esecuzione che riconducono all'arte alessandrina. La natura è infatti vista come un bene perduto, secondo uno dei temi della poesia di quel tempo: basti pensare a Virgilio ed Orazio.

La fascia figurata si divide in quattro pannelli sui lati delle aperture (due per lato) ed un fregio continuo con processione sui lati lunghi, che va letto unitariamente come un'unica scena.

19 settembre 2011

Fontane di Roma: Fontana piazza Colonna

A piazza Colonna, vicino alla superba e alta colonna di Marco Aurelio, troviamo questa semplice e bella fontana del Della Porta. Gli unici "abbellimenti" sono i gruppi contrapposti dei due delfini con le code intrecciate e posti in una conchiglia aperta, le 16 teste di leone (che furono pagate uno scudo l'una allo scultore Rocco Rossi di Fiesole) ed un catino al centro dal quale zampilla l'acqua. I gruppi di delfini con le conchiglie ed il catino furono aggiunti solo nel 1830 da Alessandro Stocchi.


La fontana ha otto lati curvi, concavi e convessi in ordine alterno. Lungo la superficie esterna si trovano sedici bande verticali di marmo bianco, che danno l'idea delle zampe della vasca, ciascuna delle quali termina con una piccola testa leonina.

Aspetto originale della fontana, alle sue spalle c'è via del Corso


In origine la fontana poggiava su una breve rampa di cinque gradini, che faceva da base, ma con il progressivo sollevamento del piano stradale ora poggia direttamente sul terreno.


17 settembre 2011

La Casa delle Vestali

La Casa delle Vestali era la sede del collegio sacerdotale delle Vestali della Roma antica, presso il Foro Romano. Era collocato alle spalle della Regia e componeva un unicum con il Tempio di Vesta, in un complesso chiamato Atrium Vestae.

Il nome antico di Atrium Vestae si riferiva in origine ad un'area aperta situata presso il tempio di Vesta, sede del culto della dea, circondata da costruzioni. La residenza delle Vestali ne fece parte solo a partire dal II secolo a.C., occupando l'area compresa tra la Regia, la Domus Publica (la residenza del pontefice massimo) e le pendici del Palatino. Nel 12 a.C. Augusto, nella sua qualità di pontefice massimo, donò alle Vestali la Domus Publica, residenza del pontefice dove aveva abitato anche Giulio Cesare. Probabilmente dopo l'incendio del 64 d.C., il complesso venne ricostruito a un livello più alto con una nuova pianta e un nuovo orientamento, in accordo con le altre costruzioni che circondavano la piazza del Foro.

L'aspetto attuale del complesso è quello legato all'ultimo restauro della moglie di Settimio Severo, Giulia Domna, dopo l'incendio del 191.
Le stanze, in origine su almeno due piani (come visibile ancora oggi sul lato sud), si articolano intorno ad un cortile porticato, con fontane (poi sostituite da un'aiuola ottagonale). Dal tempio si accedeva verso est alla casa, passando accanto a un'edicola, sostenuta originariamente da due colonne ioniche delle quali oggi resta una sola
Dall'ingresso si penetra nel cortile centrale della Casa, composto come una sorta di peristilio.
Al centro si trovano tre bacini, due piccoli quadrati e uno grande rettangolare al centro, che vennero coperti in epoca costantiniana da una struttura ottagonale in laterizio, interpretabile come una decorazione del giardino, oggi rimossa.
Casa delle Vestali (cortile)
Il lato sud è quello meglio conservato, con numerose stanze che si aprono su un lungo corridoio: un forno, un mulino con la mola ben conservata, una cucina. Da qui parte anche la scala per il piano superiore, dove si trovavano le stanze delle sacerdotesse, dotate di bagni riscaldati.
Altre due scale per il primo piano si trovano in fondo all'estremitò dell'ala sud, vicino a un'aula absidata, forse un santuario. Secondo Cicerone quest'area era legata a un'antica leggenda, secondo la quale nel 390 a.C. una misteriosa voce avrebbe avvertito qui i Romani dell'imminente assalto dei Galli, rimanendo però inascoltata.

Il lato ovest è occupato da un grande ambiente rettangolare, fronteggiante il "tablino", di solito identificato come un triclinio.

Le stanze sul lato nord sono quelle in peggior stato di conservazione. Gli elementi a disposizione non sono sufficienti per attribuirvi una funzione, neppure ipotetica.

Statua di Flavia Publicia



 

Sotto il portico erano allineate le statue delle Vestali massime (le virgo vestalis maxima).
Sul lato orientale è presente una grande ambiente coperto a volta sul quale si affacciano due file di tre stanze più piccole, impropriamente detto tablinum (stanza di ricevimento nella domus romana).



16 settembre 2011

Il Tempio di Vesta

Il Tempio di Vesta è un piccolo tempio a tholos situato all'estremità orientale del Foro Romano a Roma, lungo la via Sacra accanto alla Regia ed alla Casa delle Vestali: insieme a quest'ultimo edificio costituiva un unico complesso religioso, con il nome di atrium Vestae. Probabilmente è tra i più antichi templi di Roma, risalente forse all'epoca in cui la città era ancora limitata al Palatino e costituita da un'aggregazione di villaggi e quindi prima della realizzazione del Foro.
La conservazione del fuoco (risorsa e bene di straordinaria importanza) era un problema che comportava delle notevoli difficoltà; sia Virgilio che Ovidio riferiscono che all'epoca si otteneva col primitivo e laboriosissimo sistema dello sfregamento delle selci. Da qui la necessità di realizzare una struttura “pubblica” che fosse finalizzata alla conservazione, con personale addetto, di una risorsa sempre disponibile per i bisogni dell'intera comunità. Per la mentalità antica era quasi una logica conseguenza che la struttura divenisse tempio ed il personale assumesse il ruolo di sacerdote (nello specifico, sacerdotesse). Il tempio diventava così simbolo di aggregazione della comunità e dispensario di un bene primario.
Tempio di Vesta, oggi
Quando, da Servio Tullio in poi, il processo di aggregazione urbana coinvolse anche le genti stanziate sui colli vicini, il simbolo stesso dell'aggregazione assunse una forte connotazione politica. Non essendo pertanto più possibile mantenerlo limitato al nucleo Palatino, venne trasferito nell'area che sarebbe poi diventata il Foro e che stava assumendo la caratteristica di luogo d'incontro e di scambio commerciale tra le genti circonvicine, sul tipo dell'agorà greca.
Il significato del tempio era anche quello di rappresentare il focolare domestico più importante, connesso alla vicina casa del re, che rappresentava tutti i focolari dello Stato.
 
I resti attualmente visibili appartengono ad una parziale ricostruzione moderna dell'ultima fase dell'edificio, che comprende alcuni elementi originali in marmo completati in travertino. In questa fase il tempio monoptero (cioè con il tetto sostenuto da un solo ordine di colonne) era costituito da un podio circolare in opera cementizia rivestito da lastre di marmo, del diametro di circa 15 metri, che sosteneva la cella rotonda; dal podio sporgevano i piedistalli per le venti colonne corinzie che costituivano la peristasi (porticato colonnato). L'edificio doveva essere coperto da un tetto conico, con buco centrale per i fumi del fuoco acceso all'interno.

15 settembre 2011

Manovra finanziaria

Arriva al capolinea la manovra di Ferragosto, dopo le numerose modifiche subite nelle ultime settimane. La versione definitiva punta sulla lotta all'evasione, sull'aumento dell'aliquota ordinaria Iva e sul contributo di solidarietà. Novità riguardano anche i tagli agli Enti locali ed ai comuni. Infatti grazie ai proventi della Robin Tax, i tagli agli enti locali saranno alleggeriti di circa 1,8 miliardi. Comuni e Regioni potranno anche innalzare le addizionali all'Irpef. In particolare, i Comuni potranno alzare l'aliquota fino allo 0,8 per cento. Le Regioni, invece, potranno elevare la quota base fino all'1,4 per cento. Le addizionali Irpef si potranno differenziare a seconda del reddito. Attenzione: è vero che gli enti locali riceveranno il 100% del gettito derivante dalla Robin Tax, ma è anche vero che si tratta di un gettito incerto, che potrebbe risultare inferiore alie attese.

Questa parte della manovra finanziaria ha naturalmente scatenato l'ira dei sindaci dei comuni italiani tra i quali anche Gianni Alemanno che nella sua lettera odierna ai cittadini di Roma scrive:

"Carissimi cittadini, oggi ho comunicato al Prefetto e al Ministro dell'Interno che Roma Capitale non è più in grado di garantire i servizi ai cittadini.
Come è stato deciso dall'Associazione Nazionale Comuni Italiani (ANCI) chiuderò simbolicamente l'ufficio Anagrafe e stato civile come stanno facendo quasi tutti i miei colleghi Sindaci.
Si tratta di una forma di protesta molto forte, alla quale i Comuni italiani sono arrivati perché, fino ad ora, non sono riusciti a far cambiare in modo significativo una manovra economica necessaria ma troppo pesante per le istituzioni territoriali.
Non vogliamo peggiorare la qualità della vostra vita ma cercare di migliorare i servizi e difendere i vostri diritti.
Infatti, fino a quando sarà possibile, tutti i servizi saranno garantiti grazie allo sforzo della struttura comunale.
Oggi non è più possibile, perché si preferisce togliere ai Comuni invece di andare a vedere dove le risorse si sprecano realmente.
Ogni anno i Comuni portano soldi alle casse dello Stato per un totale di oltre 3 miliardi di euro. Queste risorse si perdono in mille rivoli, mentre noi veniamo costretti ad aumentare le tasse o a chiudere i servizi.
Ho deciso di scrivervi perché ognuno di voi possa rendersi conto che la protesta che Roma Capitale e l'ANCI stanno facendo non è una polemica politica o una rivendicazione istituzionale.
Al contrario, il nostro obiettivo è solo quello di trovare un accordo, un nuovo accordo con il Governo per rendere le nostre città e il nostro Paese sempre più solidi, competitivi e vivibili".

Un cordiale saluto

Il Sindaco di Roma
In qualità di Ufficiale di Governo
Giovanni Alemanno

Staremo a vedere cosa accadrà nelle prossime settimane!

14 settembre 2011

Circo Massimo

Il Circo Massimo è un antico circo romano, dedicato alle corse di cavalli e situato nella valle tra il Palatino e l'Aventino: è ricordato come sede di giochi sin dagli inizi della storia della città: nella valle sarebbe avvenuto il mitico episodio del ratto delle Sabine, in occasione dei giochi indetti da Romolo in onore del dio Consus. Di certo l'ampio spazio pianeggiante e la sua prossimità all'approdo del Tevere dove dall'antichità più remota si svolgevano gli scambi commerciali, fecero sì che il luogo costituisse fin dalla fondazione della città lo spazio elettivo in cui condurre attività di mercato e di scambi con altre popolazioni, e, di conseguenza, anche le connesse attività rituali (si pensi all'Ara massima di Ercole) e di socializzazione, come giochi e gare.

Circo Massimo oggi
Le dimensioni del circo erano eccezionali: lungo 621 m e largo 118 m poteva ospitare circa 250.000 spettatori.
La facciata esterna aveva tre ordini: solo quello inferiore, di altezza doppia, era ad arcate. La cavea poggiava su strutture in muratura che ospitavano i passaggi e le scale per raggiungere i diversi settori dei sedili, ambienti di servizio interni e botteghe aperte verso l'esterno. L'arena era in origine circondata da un euripo (canale) largo quasi 3 m, più tardi eliminato per aggiungere altri posti a sedere.

Circo Massimo (ricostruzione)
 
Sul lato sud si trova attualmente una torretta medioevale detta "della Moletta" appartenuta ai Frangipane.
Nell'arena, si svolgevano le corse dei carri, con dodici quadrighe (cocchi a quattro cavalli) che compivano sette giri intorno alla spina centrale tra le due mete. La spina era riccamente decorata da statue, edicole e tempietti e vi si trovavano sette uova e sette delfini da cui sgorgava l'acqua, utilizzati per contare i giri della corsa. Celebre è la corsa delle quadrighe nel film di Ben Hur.


Vi si svolgevano, inoltre, le naumachiae (battaglie navali): l'arena del Circo Massimo veniva inondata con le acque del Tevere e venivano simulati combattimenti navali (navalia proelia) durante i quali due opposte squadre (composte da gladiatori o da prigionieri di guerra condannati a morte) si affrontavano riportando alla memoria indimenticabili battaglie avvenute per mare.
I dodici carceres, la struttura di partenza che si trovava sul lato corto rettilineo verso il Tevere, disposti obliquamente per permettere l'allineamento alla partenza, erano dotati di un meccanismo che ne permetteva l'apertura simultanea.


Anche oggi l'arena del Circo Massimo è utilizzata per ospitare diversi eventi. Nel maggio del 2000 e nel giugno del 2001 ha ospitato i festeggiamenti per la vittoria degli scudetti della Lazio e della Roma, nel marzo 2002 una manifestazione contro l'abolizione dell'articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori organizzata dalla CGIL.

Circo Massimo dal Palatino: festa per lo scudetto della Roma (domenica 24 giugno 2001) prima del concerto

11 settembre 2011

Per non dimenticare

Dieci anni fa l'attentato alle Torri Gemelle di New York ha cambiato il modo di "guardare" il vicino, sia esso di colore o semplicemente appartenente ad un popolo che ha la brutta fama di essere ladro, violento o irrispettoso verso gli altri.

Quel giorno di dieci anni fa, alla televisione, i telegiornali facevano dirette h24 su ciò che stava avvenendo in America, mostrando filmati dell'ultimo secondo ed inquadrando costantemente le due torri in fiamme.

La scena più inquietante, ma più realistica, era quella di alcune persone che si gettavano nel vuoto lanciandosi dai piani alti delle due torri, come a voler dire che erano loro a scegliere il momento per morire senza aspettare che le strutture in acciaio implodessero su se stesse.


L'America, forte e potente, si è scoperta debole e vulnerabile!


In questi dieci anni la guerra contro il terrorismo, Al Qaeda in primis, ha provocato migliaia di morti tra i quali ci sono anche degli Italiani.
Si è arrivati all'uccisione di Osama Bin Laden, capo carismatico di Al Qaeda, ma ancora la lotta non è terminata e in Afghanistan e in Iraq si muore per difendere la pace.

Un tempo si diceva "Roma caput mundi": ora possiamo dire che anche il più piccolo villaggio, sperduto tra le montagne o al centro del deserto, può diventare "caput mundi" nel bene o nel male.
Questa è la magia della globalizzazione....

9 settembre 2011

Fontane di Roma: Fontana del Mosè

Da oggi e per ogni settimana sarà pubblicato un post relativo alle fontane di Roma.
Su Fontana di Trevi, la più famosa di Roma, ci sono già informazioni ed immagini; perciò questo post è dedicato alla Fontana del Mosè che si trova a Villa Borghese.

  


La fontana ha una forma circolare, posta in un'esedra arborea (incavo circolare); eretta da Ascanio Brazzà ed inaugurata nel 1868 è di gusto accademico tipico della moda dell'epoca a Roma.
All'interno della fontana vi è il gruppo di Mosè bambino posto nelle acque del Nilo dalla madre.

6 settembre 2011

L'imperatore cristiano

Costantino il Grande è stato il primo imperatore cristiano di Roma. Grazie alla sua conversione al cristianesimo e alle politiche adottate per incoraggiarne la diffusione, ha avuto un ruolo di primo piano nella sua trasformazione da piccola setta oggetto di persecuzioni a una delle religioni più importanti d'Europa.

Quando nel 312 sconfisse l'ultimo dei suoi rivali, Massenzio, nella battaglia di Ponte Milvio, alla periferia di Roma, Costantino divenne l'indiscusso monarca dell'Impero Romano d'Occidente, mentre un altro generale, Licinio, regnava su quello d'Oriente. Nel 323 Costantino attaccò e sconfisse anche Licinio, e da quel momento sino alla sua morte, avvenuta nel 337, fu il solo sovrano di tutto l'Impero romano.

image
Non è nota la data in cui Costantino si sia convertito al cristianesimo; si narra spesso che alla vigilia della battaglia di Ponte Milvio l'imperatore abbia visto in cielo una croce di fuoco accompagnata dalle parole «In hoc signo vinces» (Con questo segno vincerai).

Ma prescindendo da quando o da come si convertì, indubbiamente si impegnò con tutte le sue forze a diffondere il cristianesimo: una delle sue prime mosse fu l'Editto di Milano, in virtù del quale esso divenne una religione legale e tollerata. L'editto prevedeva inoltre che venissero restituite le proprietà della Chiesa confiscate durante il precedente periodo di persecuzioni, e stabiliva che la domenica fosse giorno di culto.


In questo stesso periodo ebbe inizio la costruzione di alcune tra le più famose chiese del mondo: quella della Natività a Betlemme, e quella del Santo Sepolcro a Gerusalemme.

Il "Faccione" di Costantino all'interno dei Musei Capitolini

2 settembre 2011

In posa

Vi sarà sicuramente capitato di essere turisti e di passeggiare per le vie di una città o di un paese quando, improvvisamente, vedete un panorama particolare, una fontana artistica o semplicemente uno scorcio caratteristico e decidete di fare una foto.

E' capitato anche a me girando per le viuzze di Roma tra Campidoglio e Foro Romano: una fontana, in particolare, ha attirato la mia attenzione, in via Clivio Argentario. Non è come quelle a piazza Navona o a piazza della Repubblica, ma è una fontana semplice ma sicuramente antica. Ho deciso dunque di farle una foto. Ho preso la fotocamere, ho scelto lo zoom più adatto ed ho scattato.
Ma, indovinate un po'?! Non mi ero accorto che un "modello" si era messo in posa per essere immortalato nella foto....


30 agosto 2011

Roma.... centro della politica

Oltre ad essere città della cultura, Roma è anche città della politica ed in questi giorni si susseguono notizie varie sulla Manovra Finanziaria 2011: una delle novità di questa manovra è strettamente legata al riscatto della laurea e dell'anno del militare.

Grazie all'intervento del ministro Sacconi (che ringraziamo di cuore, buffone!) che ha dato impulso a questa mini riforma, non potranno più essere riscattati gli anni di università e del servizio militare. Di fatto si cancella la possibilità di allungare gli anni di lavoro riscattando quelli passati all’università o a fare il servizio militare o civile, ai fini del calcolo della pensione.

Se, per esempio, una persona ha lavorato per 37 anni e ha riscattato i 3 anni passati a studiare, finora può andare in pensione perché totalizza 40 anni. Con la norma messa a punto ieri dalla maggioranza non sarà più possibile: dovrà aspettare fino al raggiungimento di 40 anni effettivi passati a lavorare (un cambiamento non indifferente).
I tre anni riscattati vengono calcolati comunque, ai fini della pensione e hanno il loro peso contributivo per il computo dell’assegno previdenziale. Con questa correzione non si pregiudicano i diritti dei lavoratori che hanno riscattato la laurea o fatto il servizio militare in quanto questi periodi restano validi anche ai fini del requisito contributivo per il pensionamento di anzianità ordinario (35 anni di contributi oltre al requisito anagrafico) e per la pensione di vecchiaia.

In sostanza, il provvedimento garantirà, come recita il comunicato diffuso al termine del vertice di Arcore, il "mantenimento dell’attuale regime previdenziale già previsto per coloro che abbiano già maturato quarant’anni di contributi con esclusione dei periodi relativi al percorso di laurea ed al servizio militare che rimangono comunque utili ai fini del calcolo della pensione".

La novità, secondo un’autorevole fonte governativa riportata da La Stampa, porterà un beneficio alle casse dello Stato "nullo nel primo anno, per poi salire a mezzo miliardo nel 2013 e un miliardo nel 2014 e aumentare anche successivamente". E il senso è proprio quello "di evitare che troppi Italiani vadano in pensione troppo presto".