Il Palazzo della Civiltà Italiana, talvolta chiamato della Civiltà del Lavoro, è un edificio monumentale che si trova a Roma nel moderno quartiere dell'EUR. Pensato fin dal 1936 e progettato nel 1937, la sua costruzione iniziò nel luglio 1938 e fu inaugurato, benché incompleto, nel 1940; i lavori si interruppero nel 1943 per poi essere ultimati nel dopoguerra.
L'edificio è a pianta quadrata ed
appare come un parallelepipedo a quattro facce uguali, con struttura
in cemento armato e copertura interamente in travertino;
presenta 54 archi per facciata (9 in linea e 6 in colonna) e per questo è stato
ribattezzato anche Colosseo quadrato.
È stato dichiarato
dal ministero per i Beni e le Attività Culturali edificio di
interesse culturale ex d.lgs. 42/2004, ed è quindi vincolato ad usi espositivi
e museali.
La storia del Palazzo è legata
strettamente a quella del quartiere dell'EUR. Infatti, dopo l'assegnazione a Roma (da poco capitale di un nuovo impero coloniale) dell'Esposizione universale del 1942, il governo italiano intese
cogliere l'occasione per celebrare in tale data il ventennale del regime fascista e
per sviluppare, contemporaneamente, l'urbanizzazione della città lungo l'asse
viario che portava al mare.
Il palazzo, i cui lavori presero
inizio nel luglio del 1938,
assunse la forma di un parallelepipedo a base quadrata che sulle
quattro testate riporta, scolpita sul travertino che lo ricopre, la dicitura in
stampatello su tre righe: “Un popolo di poeti di artisti di eroi / di santi di
pensatori di scienziati / di navigatori di trasmigratori”.
Alto 60 metri, con
una base di 53 metri, esso poggia su un basamento a gradini la cui altezza
massima, sul fronte che guarda la ferrovia Roma - Ostia, è di 18 metri, mentre
invece dal lato di viale della Civiltà del Lavoro l'ingresso è praticamente a
livello della strada.
Negli archi del piano terreno si trovano 28 statue (6 per le facciate verso viale della Civiltà del Lavoro e la scalinata, e 8 nelle altre due facciate), ciascuna di esse allegorica delle virtù del popolo italiano: in senso orario a partire dalla prima a sinistra del fronte su viale della Civiltà del Lavoro figurano le allegorie dell'eroismo, della musica, l'artigianato, il genio politico, l'ordine sociale, il lavoro, l'agricoltura, la filosofia, il commercio, l'industria, l'archeologia, l'astronomia, la storia, il genio inventivo, l'architettura, il diritto, il primato della navigazione, la scultura, la matematica, il genio del teatro, la chimica, la stampa, la medicina, la geografia, la fisica, il genio della poesia, la pittura ed il genio militare.
Negli archi del piano terreno si trovano 28 statue (6 per le facciate verso viale della Civiltà del Lavoro e la scalinata, e 8 nelle altre due facciate), ciascuna di esse allegorica delle virtù del popolo italiano: in senso orario a partire dalla prima a sinistra del fronte su viale della Civiltà del Lavoro figurano le allegorie dell'eroismo, della musica, l'artigianato, il genio politico, l'ordine sociale, il lavoro, l'agricoltura, la filosofia, il commercio, l'industria, l'archeologia, l'astronomia, la storia, il genio inventivo, l'architettura, il diritto, il primato della navigazione, la scultura, la matematica, il genio del teatro, la chimica, la stampa, la medicina, la geografia, la fisica, il genio della poesia, la pittura ed il genio militare.
Ai quattro angoli del basamento si trovano altrettanti monumenti equestri
raffiguranti i Dioscuri, opera di Publio
Morbiducci ed Alberto Felci;
la coppia di monumenti sul lato sudorientale guarda verso viale della Civiltà
del Lavoro, quella sul lato nordoccidentale spazia verso la città dal lato
aperto della collina su cui sorge l'edificio.
Tutto il complesso si trova, dal
punto di vista toponomastico, in un'area chiamata Quadrato della Concordia.
Dal punto di vista architettonico
il Palazzo è visto come un esempio di compromissione con il regime: conservatore nell'impianto, esso aderisce quasi completamente allo schema
formale imposto dallo spirito ideologico, di stampo monumentalistico, che si
era oramai delineato in Italia dopo quindici anni di fascismo; la stessa scelta del travertino, oltre a rispondere alle citate esigenze di
ritorno alla tradizione dell'Impero romano, serviva a soddisfare i desiderata autarchici del
regime, il quale voleva mostrare autosufficienza economica e capacità di
realizzare un edificio di tali dimensioni utilizzando solamente la pietra,
essendo l'uso del ferro e del cemento reso
difficile dalla loro scarsa disponibilità derivante dalle sanzioni imposte all'Italia a seguito della guerra d'Etiopia.
Per la sua particolare
architettura ed il suo richiamo alle forme monumentali della Roma antica,
il Palazzo della Civiltà Italiana, come del resto anche altri luoghi dell'EUR, è stato spesso
l'ambientazione, oppure lo sfondo, di spot pubblicitari e di produzioni cinematografiche come Roma città aperta (1945) di Roberto Rossellini.
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