L’incrocio tra le antiche Via Pia
(oggi via del Quirinale - via XX Settembre) e Via Felice (il percorso che
da Trinità dei Monti porta alla Basilica di Santa Maria
Maggiore, oggi via Sistina - via Quattro Fontane - via A.Depretis) è
caratterizzato dalla presenza, ai quattro angoli, di Quattro Fontane,
che danno il nome all’incrocio, all’omonima strada ed alla Chiesa di San
Carlo alle Quattro Fontane.
Caratteristica unica a Roma, dall’incrocio
si possono vedere, in lontananza, gli obelischi di Santa Maria Maggiore (ad
est), di Trinità dei Monti (ad ovest) e del Quirinale (a sud), nonché
la michelangiolesca facciata interna di Porta Pia (a nord).
Terminato nel 1587 il
restauro ed il ripristino dell’antico Acquedotto alessandrino, furono
iniziati i lavori per una ramificazione sotterranea secondaria del condotto, in
modo da assicurare l’approvvigionamento idrico delle zone dei
colli Viminale e Quirinale, allora scarsamente serviti, e fu di
conseguenza progettata anche l’edificazione di un certo numero di fontane. Dopo
la Fontana del Mosè e contemporaneamente a quella posta
davanti al palazzo del Quirinale, papa Sisto V volle che l’incrocio tra
quelle due importanti arterie avesse un degno ornamento.
Sisto V aveva però speso
talmente tanto per la realizzazione dell’acquedotto e per la Fontana del
Mosè che per questa nuova opera ricorse ad un espediente che in futuro
riscosse un certo favore: affidarsi alla munificenza dei privati, in modo che
le fontane fossero “semipubbliche”. Due furono i sostenitori dell’opera: Muzio
Mattei che, possedendo un immobile anche in corrispondenza dell’incrocio, offrì
il suo finanziamento per la costruzione di tre delle quattro fontane e Giacomo
Gridenzoni che finanziò la quarta.
Le quattro opere
in travertino furono realizzate tra il 1588 ed il 1593,
sfruttando delle nicchie rettangolari di diversa dimensione, appositamente
ricavate negli angoli dei palazzi. I soggetti, tutti diversi, sono però
raggruppati a coppie analoghe che si fronteggiano: due figure maschili barbute,
allegorie del Tevere e dell’Arno, e due femminili, che
rappresentano Diana e Giunone. La prime due simboleggiano Roma e
Firenze, mentre quelle di Diana e Giunone sono simbolo rispettivamente di
Fedeltà e Fortezza.
Il Tevere (rione Monti) |
L'Arno (rione Castro Pretorio) |
Giunone (rione Trevi) |
Diana (rione Trevi) |
Tutte le figure sono sdraiate su
un fianco, con l’acqua che si riversa in piccole vasche semicircolari. Tevere e
Giunone hanno un ricco sfondo decorato (nel primo gruppo è ovviamente presente
la lupa), mentre quello dell’Arno è molto più piccolo, con un semplice rilievo
di vegetazione da cui spunta un leone, e Diana non ne possiede affatto, ma è
fornita di alcuni elementi caratteristici delle insegne di papa Sisto V (la
stella e la testa di leone scolpiti sulla vasca ed il trimonzio su cui la
figura poggia il gomito).
Il disegno delle fontane del
Tevere, dell’Arno e di Giunone è forse di Domenico Fontana (ma esistono diversi dubbi sull’attribuzione), che
aveva progettato la via; la quarta, quella di Diana che volge le spalle a nord,
è attribuita a Pietro da Cortona.
L’incrocio sul quale insistono le
fontane è oggi il punto di raccordo di tre rioni diversi: Monti, Trevi e Castro Pretorio.
Nell'estate 2009 la fontana rappresentante il Tevere è
stata danneggiata; il ritrovamento del frammento mancante ha tuttavia permesso
l’avvio dei lavori di restauro.
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