1 ottobre 2011

Il Carcere Mamertino

Il Carcere Mamertino o Tulliano (il latino Carcer Tullianum) è il più antico carcere di Roma e si trova nel Foro Romano. Consisteva di due piani sovrapposti di grotte scavate alle pendici meridionali del Campidoglio a fianco delle Scale Gemonie, verso il Comitium. La più profonda risale all'età arcaica (VIII - VII secolo a.C.) ed era scavata nella cinta muraria di età regia che, all'interno delle Mura serviane, proteggeva il Campidoglio; la seconda, successiva e sovrapposta, è di età repubblicana.
Si trova al di sotto della chiesa di San Giuseppe dei Falegnami, del XVI secolo, in un'area del Foro dove, in età romana, si amministrava la giustizia.

Il Tullianum fu realizzato sotto Anco Marzio nel VII secolo a.C., anche se deve il suo nome ad altre tradizioni che lo collegano all'iniziativa di Servio Tullio o di Tullo Ostilio.
La cristianizzazione del complesso è databile attorno all'VIII secolo, periodo al quale rimontano le tracce di un affresco rinvenuto nel Tullianum, ed entrambi gli ambienti furono convertiti in cappelle. In questo stesso periodo il luogo cominciò ad essere chiamato Carcere Mamertino.

 
La facciata attuale, in blocchi bugnati di travertino, risale all'inizio dell'età imperiale ed ha una cornice (parzialmente originale) con i nomi incisi dei consoli Rufinio e Nerva. Questa facciata copre una più antica, costruita in blocchi di tufo di Grotta Oscura.
Da un'aperture forse fatta in epoca moderna, si entra in una stanza trapezioidale coperto da volta a botte, realizzata in opera quadrata con grossi blocchi di tufo di Monteverde e rosso dell'Aniene, per questo databile al II secolo a.C., quando tali cave erano in uso. L'ingresso originario doveva essere attraverso la porticina murata posta a livello più alto del piano di calpestio attuale, nella parete destra. Da questa porticina si accedeva anche alle Lautumiae, ambienti ricavati nelle antiche cave di tufo pure usati come prigione.

Un foro nel pavimento, oggi chiuso da grata, era l'unico accesso all'ambiente sottostante, oggi raggiungibile tramite una scala recente. La parte inferiore era detta Tullianum ed era quella più segreta e terribile: aveva forma circolare (tranne un segmento ad est) realizzato in opera quadrata con blocchi di peperino senza cemento. Le dimensioni della muratura hanno fatto pensare che originariamente dovesse trattarsi di una fontana monumentale costruita intorno ad una cisterna (tullus), dove l'acqua filtra naturalmente tutt'oggi. Qui venivano gettati e poi strangolati i prigionieri di Stato, alla fine della processione del trionfo dei vincitori romani: ciò accadde, tra gli altri, a Giugurta ed a Vercingetorige.

La testimonianza cristiana medioevale fece della cella più bassa, resa accessibile mediante una strettissima scala, e della fonte d'acqua il luogo in cui gli apostoli Pietro e Paolo, qui imprigionati, battezzavano i convertiti cristiani compagni di cella.
La tradizione risale al medioevo e permise la conservazione del carcere che fu trasformato in una chiesa (San Pietro in carcere) nel IV secolo per volere di papa Silvestro I e luogo di pellegrinaggio.




La leggenda vuole che san Pietro, scendendo nel Tullianum, cadde battendo il capo contro la parete lasciando in tal modo la propria impronta nella pietra (dal 1720 protetta da una grata). Rinchiusi nella segreta, assieme ad altri seguaci, i due apostoli fecero scaturire miracolosamente una polla d'acqua e riuscirono a convertire e battezzare i custodi delle carceri, Processo e Martiniano, martiri a loro volta. I due apostoli non furono in ogni caso uccisi nelle vicinanze perché san Pietro fu condotto sul colle Vaticano e san Paolo alle Acque Salvie (l'attuale Abbazia delle Tre Fontane).

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